CHE

– che i manifesti affissi per celebrare la Liberazione vengano stracciati, accartocciati e calpestati sull’asfalto;
– che il fascismo circoli liberamente per le strade nelle quali hanno combattuto i nostri partigiani e molti, su quelle strade, sono stati assassinati;
– che ci si tengano adunate nelle quali si grida “Salute al Duce!”;
– che il fascismo possa dispiegare uno striscione con la scritta: “onore a Benito Mussolini”;
– che il fantasma del fascismo, coperto del sangue di milioni di uomini, donne, bambini, torni a passeggiare indisturbato nelle nostre città;
– che la XII disposizione transitoria della nostra Costituzione stabilisca: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”…
– che ci si possa orgogliosamente dichiararsi di fede fascista, con l’aggravante di farlo in occasione di una manifestazione culturale come il Salone del libro di Torino;
– che l’articolo 1 della legge Scelba precisi che: “si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”.

– che tutto ciò accada impunemente, noi tolleriamo;
– che tutto ciò accada impunemente, è colpa nostra;
– che abbiamo fatto poco per difendere l’eredità lasciataci dai combattenti della Resistenza;
– che la scuola non abbia fatto abbastanza;
– che la magistratura abbia fatto poco;
– che la politica non se ne sia occupata;
– che i governi non abbiano fatto nulla…

È colpa nostra.

SONO ADDOLORATO,

come tutti, per quanto accaduto a Nôtre Dame.
Sono più addolorato per quanto accade ogni giorno nel mondo: città bombardate, secoli di storia e arte sotto le macerie, miglia di donne e uomini assassinati da chi se ne sbatte di ogni forma di pietà.
Anche l’Uomo, nel senso universale e alto, è un’opera d’arte che andrebbe conservata il più a lungo possibile.
Chi oggi versa milioni di dollari (gli euro non contano) per ricostruire Nôtre Dame dovrebbe fare altrettanto per tutelare questo patrimonio.

SONO INVIDIOSO

Come sapete i vizi (o peccati) capitali, secondo la religione cristiana, sono sette: avarizia, accidia, gola, invidia, ira, lussuria, superbia. Io, senza falsa modestia, me ne imputo uno: invidia. Gli altri non mi appartengono per inclinazione naturale, per tradizioni familiari e soprattutto per problemi finanziari. Troppo costosa la lussuria, la superbia, l’ira e tutto il resto. Più che vizi capitali, li definirei privilegi da ricchi.
Dunque, sono invidioso. Invidio gli scrittori che possono permettersi la fascetta sul volume con la dicitura “centomila copie vendute in tre giorni” oppure “sei edizioni in due ore e mezza” o anche “il romanzo che ha conquistato milioni di persone in tutto il mondo”.
Oggi, 31 marzo 2019, ho letto su un giornale:
Becoming: la mia storia, uscita sei mesi fa, è già approdata in questi giorni ai 10 milioni di copie in tutto il mondo”.
Ho rischiato la catalessi. Vi prego di fare uno sforzo e leggere cos’è, più o meno, la catalessi secondo la Treccani:
”… un fenomeno di automatismo psiconeurotico, caratterizzato principalmente dall’impossibilità della contrazione volontaria dei muscoli, coincidente con un’attitudine a conservare gli atteggiamenti impressi agli arti … Durante la catalessi, che può durare anche settimane, le attività respiratoria e cardiaca sono indebolite, la sensibilità è ottusa … Esistono peraltro stati catalettici molto rassomiglianti osservabili negl’idioti, in alcuni degenerati, nei dementi precoci …
Ho rischiato quella cosa lì.
Arrivato al brano:
Cifre impressionanti che motivano l’anticipo sbalorditivo versato alla firma del contratto ai coniugi Obama: 60 milioni di dollari per le rispettive autobiografie
la catalessi si è inevitabilmente verificata e sono entrato nello stato di sensibilità ottusa per alcune settimane.
Grazie all’intervento dei familiari sono uscito dalla catalessi e, appena riavuta la sensibilità motoria degli arti, ho cercato di immaginare cosa mai avrà scritto Michelle La Vaughn Robinson in Obama, per raggiungere livelli così alti di letteratura e soprattutto di vendita.
Quale aspetto della sua vita che già non ci avessero raccontato le cronache. O quale segreto di stato o intrigo internazionale avesse scoperto durante i due mandati del marito presidente.
Ho ripreso a leggere il lungo resoconto e sono arrivato alle parole chiave:
 “Michelle ha scelto di dire la verità … e di non nascondere il suo percorso dietro il velo del perbenismo e del politicamente corretto”.
Ecco qua, mi sono detto. Più facile di così!  E ho annunciato a Franca: “Da domani scriverò la verità e non nasconderò il mio percorso dietro il velo del perbenismo e del politicamente scorretto”.
Franca, molto, molto più sensibile nel razionalizzare certi eventi, mi ha guardato senza il velo del perbenismo e cioè con il compatimento che si deve a coloro che hanno la mentalità ottusa, e ha affermato: “Non credo che basti”.
“No?”
“No, quelle cose lì le hai praticate durante tutta la tua carriera di scrittore e non mi pare che…” e ha lasciato perdere il seguito.
L’invidia è diventata rabbia e la catalessi, desiderio di inveire. Metaforicamente. Cos’avrà mai scritto quella specie di first lady per meritare 60 milioni di dollari di anticipo? Quanti milioni di affamati si potrebbero sfamare e assetati dissetare? Quanti gommoni nuovi di zecca si potrebbero acquistare per non far affogare i poveracci che scappano dalle crisi mondiali tollerate (se non volute) anche dal signor Obama, marito  della suddetta first lady. Il qualche, fra qualche settimana e con il suo libro La mia storia da presidente (immagino che s’intitolerà così), seguirà il percorso della consorte.
E io continuerò a chiedermi: a cos’è servito il premio Nobel per la pace conferito nel 2009 al signor Barack Hussein Obama, presidente degli Stati Uniti? A preparare l’avvento del signor Tump.
Mi raccomando: con la U di Udine. Non con la A di America. All’italiana, per intenderci. Si addice di più al personaggio.
Ma voi 60 lettori che seguite le mie fantasticherie assurde, abbiate pazienza,. Abbiate pazienza e compatitemi. Ve l’ho anticipato: sono invidioso.