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CORAGGIO E NOBILTÁ

ovvero
IL SENATORE INESISTENTE

Premessa:
Aginulfo, il cavaliere inesistente protagonista del romanzo di Italo Calvino, non esiste, è una splendente armatura vuota. Come Aginulfo, anche il nostro senatore dovrebbe essere inesistente. Per due motivi, fra altri che non voglio esaminare perché io non sono né coraggioso né nobile.
Il primo: si è fatto eleggere e abita (quando ci abita) in un Senato per il quale aveva predisposto, lui regnante, la soppressione. Evidentemente non era interessato a diventare senatore. Per nostra (e purtroppo anche sua) fortuna, i cittadini hanno bocciato la soppressione.
Secondo: il senatore inesistente aveva solennemente promesso che, se non fosse passata la sua proposta, avrebbe lasciato la politica. Ergo, a quest’ora non dovrebbe essere senatore. Per inciso, la sua promessa è stata il maggior motivo della sua sconfitta: i votanti al referendum si erano illusi che non si sarebbe rimangiato la parola.

Notizia:
il senatore inesistente, dopo l’incontro con il Presidente Mattarella, ha tenuto una conferenza stampa dove ha stabilito, sua sponte, che la decisione di ritirare i suoi due ministri dalla formazione del governo è stato un atto di grande coraggio e nobiltà.
Capisco che la notizia sia difficile da credere vera, ma andate a leggere il resoconto della conferenza (Il mattino, giovedì 28 gennaio 2021, Governo, crisi indiretta).
Io ci credo: il senatore inesistente ci ha ormai abituato a tutto.
Ci credo perché ci vuole un bel coraggio ad aprire una crisi di governo nelle condizioni in cui siamo tutti. Tutti, non solo lui.
Ci credo perché il nostro senatore inesistente ha carattere di dignità, decoro, signorilità, come l’enciclopedia Rizzoli Larousse definisce la nobiltà.
Buon divertimento.

macchia

l’ultimo saluto all’ultimo cardinal lambertini

Chi mi conosce sa che ho sempre sostenuto di essere un uomo fortunato: molti dei progetti che avevo in mente li ho visti diventare realtà e io sono quello che avrei voluto essere. Ho avuto e ho molti amici, di quelli che durano una vita e anche dopo. Con questi amici ho lavorato in radio, nel cinema, in televisione, nel fumetto e soprattutto in teatro e letteratura.
            Guido Ferrarini, l’uomo dell’impossibile, è uno di questi. Ha sognato e realizzato progetti che solo lui avrebbe potuto. Il più importante, sono convinto, è la compagnia Teatroaperto e la sua sede, il teatro Dehon. Un punto culturale importantissimo che fa onore alla città di Bologna e che agisce in Italia e in Europa. Cosa gli sia costato, solo lui lo sa. E non in termini economici, in fatica fisica, intellettuale, in tensioni psicologiche e in rapporti sempre difficili con chi lo ha osteggiato, non comprendendo le possibilità culturali dei suoi progetti.
            Ho vissuto assieme a lui la meravigliosa avventura della realizzazione del film L’Archivista, 1985. Solo lui poteva riuscirci. Leggete come andò scegliendo “FILM E TV” dal menù del sito e cliccando su “come nacque il film L’Archivista”.
            È stato solo uno dei tanti progetti impossibili, perché Guido Ferrarini non ha mai smesso di progettare e realizzare.
            Negli ultimi due anni ha avuto una serie infinita di problemi fisici
che avrebbero stroncato chiunque. Bene, ha dato il meglio di sé.
            Oggi dico addio all’ultimo Cardinal Lambertini.
            Sei in ottima compagnia, caro Guido. Con te sul palcoscenico del luogo, ovunque sia, dove sei approdato stavolta, ci sono Ermete Zacconi, Bruno Lanzarini, Arrigo Lucchini, Gino Cervi, Gianrico Tedeschi. Indossate tutti il costume del cardinale Prospero Lambertini.
            Non so chi ti sostituirà sul palcoscenico del tuo teatro, al Dehon. E, peggio, non so se mai qualcuno ti sostituirà: questa nostra città ha perduto il senso dell’ironia.
            Per quanto mi riguarda, caro Guido, ti ricordo un altro dei tuoi progetti, forse il più impossibile, che tu hai realizzato: trascinarmi sul palco come tuo fedele servitore Costanzo, in una memorabile, almeno per me, edizione della commedia. La regia era di un altro grande amico nostro, Luciano Leonesi.
            Ti ho perdonato. Non so se lo hanno fatto i bolognesi che hanno avuto il privilegio di assistere a quell’edizione: non dimenticheranno mai il peggior Costanzo che sia mai apparso accanto al Cardinal Lambertini.

Ciao, Guido, da
macchia

ai miei 27

Pare che il carogna virus abbia un compagno di viaggio. Ancora non lo conosciamo bene, ma temo che non sarà benevolo con noi. Come per il fratello maggiore che abbiamo, invece e purtroppo, imparato a conoscere, ci accompagnerà per un buon tratto di strada.
Non è il benvenuto, ma dovremo sopportarlo. La vita che ci sta attorno è fatta anche di elementi dei quali faremmo volentieri a meno. E potrei citarne da stancarvi.
Finirà, cari 27.
Come ci ricorda Garcia Lorca, “muore anche il mare”.
Perciò, cari 27, abbiate fede: il prossimo anno sarà migliore.
E se non accadrà, lo sarà il successivo.
macchia

se fossi

Se fossi capo del governo, a questo punto emanerei l’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Eccolo:

Visto che:
– non fate che urlare all’incompetenza di questo Governo;
– mi arrivano solo critiche e nessun decente suggerimento utile a fermare il carogna virus;
– vantate in ogni dove, dal Parlamento alle TV, dai giornali all’Isola dei fumosi, le vostre straordinarie competenze in ogni settore della conoscenza umana, dall’economia alla sanità, dalla robotica all’estrazioni del lotto e sapete le vie segrete per salvare le vite dei nostri concittadini e contemporaneamente l’economia, assieme al bilancio dello Stato;

Visto
in particolare gli straordinari risultati dei vostri governi nei decenni andati e le ottime prove fornite nei governi locali;

decreto:

articolo 1 e unico:
d’ora in poi fate un po’ come vi pare. Io ho già dato e vi saluto.

Ovvero, per dirlo alla maniera di Cecco degli Angiolieri:
S’i’ fosse Capo com’i’ sono e fui,
li fatti miei sol mi farei
li cazzi vostri ve li fate vui.

ALLELUJA,

è nato!
È nato un nuovo genere letterario. Lo ha scoperto Fabrizio d’Esposto su Il fatto quotidiano (31 ottobre 2020). Oltre al giallo, all’hard boiled chandleriano, e al noir (quello semplice, normale degli scrittori qualunque)  è nato il noir veltroniano. Se ne sentiva la mancanza e adesso non più. C’è.
Per capire meglio, però, è necessario (almeno lo è stato per me) leggere il brano completo: La “… trama della storia mostra ancora una volta un’avvincente anima cupa e crudele, pur attenuata dalle digressioni sentimentali di Buonvino. E l’agghiacciane colpo di scena finale – la vera cifra del veltronismo noir –fa sussultare”.
Il nostro novello Hammet. E scusate se è poco.
Sarà perché non sono sensibile come Buonvino, ma io non ho sussultato. Ci ho provato tre volte e ho lasciato perdere. Proprio non mi veniva, il sussulto.
Chi avrebbe mai immaginato l’anima cupa e crudele del veltronismo noir?
Dopo la straordinaria notizia mi sono chiesto perché l’autore  abbia buttato via tanti anni in politica anziché dedicarsi subito al veltronismo noir.
Il finale: “Fosse stato un film avremmo socchiuso gli occhi”.
Calma, un po’ di pazienza e poi lo avrete, lo avrete il vostro film che vi farà socchiudere gli occhi.
Resta da vedere se per il terrore o per una definitiva e insostenibile sonnolenza.

Macchia, oggi