Dice, lui. Dice, e ci illumina:
“Le armi sono la via per la pace”.
E noi, molti di noi, erano convinti,
e magari lo sono ancora,
che le armi servissero per la guerra.
Da quando mondo è mondo.
macchia
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MI RICORDA…
La Giornata Nazionale dei Figli d’Italia, intelligente e necessario riconoscimento ai giovani italiani proposto dell’attuale governo di destra (mi raccomando: al massimo di estrema destra, non fascista), mi ricorda La Giornata Nazionale dei Figli della Lupa.
Bei tempi di mia infanzia quando vestivamo alla fascista. I ricchi, no. Loro vestivano alla marinara,
Dunque, anch’io vestivo da piccolo fascista. Obbligatoriamente, se no non mi facevano entrare a scuola. Piccolo fascista che sarebbe diventato balilla e poi avanguardista e poi, finalmente!, fascista integrale e integrato.
A mio padre non piaceva essere marito di un lupa e a mia madre piaceva ancora meno essere confusa con l’animale, se pure simbolo di romanità. Così siamo andati avanti, tutti e tre, fino al 25 aprile 1945. Dopo sono stato ufficialmente riconosciuto come figlio di Arrigo e di Marchi Amelia.
Da oggi avremo, speriamo, i Figli d’Italia di mussoliniana memoria. Chissà che, da grandi, uno di loro non diventi come LUI.
Firmato:
Loriano Macchiavelli di Arrigo e Marchi Amelia, ex figlio della lupa, oggi in aspettativa.
P S. ai miei 27 auguro un buon 2023 e ottime letture. A tutti, una classe politica decente. Per quest’ultimo augurio non basterà un anno. MI accontenterei che accadesse entro il 2024. Sarebbe un meraviglioso regalo per i 90.
macchia
OGGI
possiamo finalmente dire: abbiamo un governo di Meloni.
Nessun altro al mondo può affermare la stessa cosa. Sono orgoglioso di essere governato da Meloni. Aspetto un governo di Zucchini (Federico, un amico) e uno di Cicerchio (Antonio, altro amico mio).
macchia
ENRICO, STAI SERENO
è stata la prima cosa che ho pensato alla lettura del commento dell’onorevole Letta, a uno dei tanti misfatti che si stanno compiendo in Ucraina: “A fianco dei nostri amici polacchi…”
Se i nostri amici polacchi sono quelli del battaglione Azov, Enrico stai sereno, io non ci sarò a marciare al loro fianco.
macchia
SONO DIECI ANNI
Nel decimo anniversario della morte di Stefano Tassinari voglio ricordarlo con una sua poesia, oggi che abbiamo dimenticato un passato di tragedie e ci preparano un futuro di guerra. Leggetela e soprattutto ricordate da dove veniamo.
Ti ricordi, America
le vite dissanguate di Mi Lay
i bambini senza volto
tenuti per i piedi dagli eroi
i tuoi
che riempivi di eroina
perché il cervello si staccasse dalla testa
e gli occhi dall’orrore
di bruciare i campi e le persone
che poi, per te,
erano solo musi gialli da stanare.
Ti ricordi, America
quel tuo scappare da Saigon
le facce attonite dei tuoi ultimi soldati
e gli elicotteri senza più denti disegnati
e napalm da tirare addosso ai contadini
e dignità, che quella mai ce l’hai avuta
di fronte a un mondo che per te ha uno stesso cielo
dove le stelle stanno insieme con le strisce
e il resto è solo terra da spianare
e popoli da conquistare
e una babele di culture che tu non puoi capire.
Ti ricordi, America
i gangster nei bordelli dell’Avana
e Kennedy eletto con i voti di Gencana
e poi gli stadi pieni di gente incappucciata
Santiago, Buenos Aires, Rio de Janeiro,
e i buchi sulla pelle di Guevara
la foto del trofeo di fine caccia
i tuoi che ridono alzandogli la testa
e lui che resta bello anche da morto
in fondo ai tuoi risvegli senza fiato.
Ti ricordi, America
i pozzi di petrolio incandescenti
i fuochi nelle notti di Bagdad
le gambe e le braccia ragazzine
disperse a grappolo sotto le rovine
dalle ogive dei tuoi chirurghi intelligenti
e da tutti i tuoi embarghi di stagione.
Ti ricordi, America
dei ponti separati di Belgrado
dei varî treni colpiti per errore
che tanto i serbi non parlano l’inglese
come gli afgani che sembran tutti uguali
dall’alto di un altrove senza pena
dentro il mirino che scivola nel buio
della vita sconosciuta alle tue carte
della vita che nemmeno sapresti pronunciare.
Ti ricordi, America
dell’improvviso orrore di un mattino
dell’aria impolverata di New York
che scende sugli sguardi impauriti
di chi nemmeno può pensare
che questa volta non è toccato agli altri
cercare gli innocenti sotto metri di terrore.
Peccato, America,
perché non hai capito neanche adesso
e allora fottiti, America,
per le tue guerre umanitarie,
le tue vendette corporali
il tuo Dow Jones che gioca all’altalena
il Ku Klus Klan, gli hamburger,
le pistole in ogni casa
le rappresaglie, i marines, le bombe sui civili
e l’inno cantato con la mano sul cuore
quando nemmeno sai, il cuore,
da che parte sta.
Fottiti, America.