Equità: nell’ultimo mese non c’è parola, in Italia, che sia stata tanto usata. Da tutti, in particolare dai rappresentanti del nuovo (nel senso di recente, perché di nuovo non ci ho trovato granché) governo. La manovra per salvare l’Italia dal baratro…
Altra parola abusata. Sarebbe bello se i nomi dei responsabili che hanno scavato la voragine dinanzi al cammino dell’Italia, cioè al nostrocammino, venissero pronunciati a voce alta, magari ogni sera durante il telegiornale, e scritti in lettere tutte maiuscole, non per rispetto, ma perché non ci fossero equivoci e dubbi sulle loro identità.
La manovra per salvare l’Italia dal baratro sarà equa. L’equità sarà il fondamento della nostra azione politica. Equità e sobrietà. Sobrietà ed equità. Equità, sobrietà e baratro.
Che bello! Ci ha conquistati tutti. Quasi tutti. L’esperienza, che è uno dei pochi regali del tempo, mi fa dubitare e ho dubitato. Soprattutto perché, se dobbiamo il baratro agli speculatori finanziari, con quale fiducia possiamo affidare il risanamento della finanza alla stessa categoria sociale che ha provocato il disastro? E continua a provocarlo giorno dopo giorno, spread dopo spread, bot dopo bot, speculazione dopo speculazione?
Che bello, abbiamo detto. Avete detto.
Ho letto i provvedimenti, impregnati di equità, tanto che non sappiamo più dove metterla tutta ‘st’equità, e mi si è ancor più radicata la convinzione che le parole hanno un loro significato particolare, e diverso, a seconda della categoria di persone che le pronuncia.
Se io dico equità, intendo equità e non c’è bisogno di altre spiegazioni o chiarimenti. Voi sapete cosa intendo e di cosa parlo. Per altri, diciamo per i politici, per i grandi e misteriosi trafficanti della finanza, per le banche, per i giornalisti… Per ognuno di costoro, e per altri, equità ha un diverso significato che voi neppure immaginate. Per ciò vi trovate dinanzi a decisioni prese nel nome di un’equità che non corrisponde alla vostra.
Come per accise… Volete mettere com’è più aggraziato accise di tasse. Potrebbe essere il nome di un passerotto. O di un fiore: ho raccolto un mazzo di accise. Rosse.
Come per accise, per escort, per precarietà (da non confondere con disoccupazione), per mobilità (idem).
Così, per non venire estromesso dal mondo dell’economia (che mi arrecherebbe un grande dispiacere, come potete immaginare), ma soprattutto dal mondo dei significati, poiché di significati io vivo, sono andato a cercare qua e là alcune definizioni di equità. Mi è piaciuta particolarmente la seguente:
EQUITÀ, giustizia non rigida, ma naturale, temperata cioè dall’umanità, qualche volta anche dall’indulgenza e dalla saggezza.
Allora, ho ragione io: l’equità che intendo io è l’equità equa. Sono loro che non sanno cos’è equità, e se non sanno cos’è equità, non possono sapere cosa siano umanità, indulgenza, saggezza che si accompagnano indissolubilmente a equità. E la cosa mi spaventa. Dovrebbe spaventarci tutti.
In realtà, io e voi sappiamo benissimo che loro sanno cos’è equità. Lo sanno e fingono e si attaccano a un’altra definizione, questa:
EQUITÀ, conforme alla giustizia, alla convenienza.
Adesso sì che funziona e la manovra proposta dal governo è perfettamente giustificata. Infatti essa è conforme alla giustizia, la loro, ed è conforme alla convenienza, sempre la loro.
Buon baratro a tutti.
A meno che… A meno che…
Fate un po’ voi i conti.