Lettera a Rudi Assuntino

Caro Rudi,
ho appena letto che l’uomo più potente del mondo, il Grande Capo della più compiuta democrazia dell’orbe terracqueo, ha deciso che è il momento giusto per aumentare  “le postazioni militari in Europa. A partire dall’Italia”.
Grazie per la preferenza, G.C.
Mi è venuto in mente una delle tue canzoni dei tempi nei quali speravamo che il mondo cambiasse, magari con una spintarella da parte nostra: “giriamo una pagina lunga di vent’anni, andiamo a guadagnare la nostra libertà” ci suggeriva la tua canzone, assieme ad altro che tralascio per non entrare nell’ormai lunghissimo elenco dei ferventi ammiratori di un altro Grande Capo di un’altra grande nazione che ha nelle mani, come l’altro Grande Capo, il destino del mondo.
Ci invitava, quella canzone, a “riconquistare la nostra libertà”. Ci consigliava altre cose piacevoli, ma noi ci siamo ben guardati dal mettere in pratica i consigli. Stavamo troppo bene nell’ingannevole abbraccio della democrazia più compiuta.

Bene, caro Rudi, è venuta l’ora di riprendere a cantare la tua canzone, ma stavolta non limitiamoci all’accompagnamento della chitarra. Mettiamoci, che so?, la grancassa, il trombone e, perché no, il bombardino.
Ti abbraccio e, ancora oggi, grazie per le tue canzoni.

Macchia.

Nota: il bombardino è il nome in volgare della bombarda soprano, strumento musicale il cui nome nobile è filicorno soprano.

Ri-macchia

Tanto per capirci

Non so come prenderla: qui sotto quattro pareri su “La stagione del pipistrello”.

Grande, grandissimo romanzo per un personaggio immortale ed un finissimo scrittore.

Mi accade di rado, ma non sono proprio riuscito a finire il libro. I personaggi sono così poco delineati, al punto che ero costretto di frequente a ritornare all’elenco iniziale per capire chi erano. Trama ed intreccio risultano incomprensibili, almeno fino a dove sono riuscito ad arrivare io. Magari, superate le prima 40/50 pagine potrebbe risultare il miglior giallo mai scritto in questo secolo. Proverò a riprenderlo in mano tra qualche anno, dopo un corso intensivo di meditazione vipassana.

Non mi è piaciuto niente.

Macchiavelli e il suo Sarti Antonio sono una certezza, non si può non essere coinvolti dalla narrazione e . in più, ci sono molti spunti per riflettere sui tempi che viviamo. Per chi ama il genere è assolutamente imperdibile… ma lo consiglio anche a chi non è un fanatico dei “gialli”.

Che vi devo dire? A me va bene così. I miei romanzi sono quello che sono. Possono piacere e non piacere. Come tutto ciò che non è omologato dall’unicità del pensiero.
Grazie a tutti.
macchia

ARTISTI E UOMINI

Si può essere grandissimi artisti e, allo stesso tempo, uomini piccoli, piccoli.
Dopo la dichiarazione di Roberto Bolle di non invitare ballerini russi per le sue coreografie, ho capito cosa noi tutti dovremmo fare per contribuire alla vittoria del battaglione Azov: non leggere mai più i romanzi di scrittori russi. Anzi, accatastare nel cortile del condominio i volumi di Cechov, Tolstoj, Dostoevskij e chi più ne ricorda, più ne metta, e bruciarli. Un bel dispetto a Putin.
Per la musica russa aspetterei un momentino. Su alcuni autori c’è da fare chiarezza. Per esempio Tchaikovskj: nel suo sangue ci sarebbero tracce di polacco, cosacco e tedesco. Prima di bruciare i suoi dischi di vinile c’è da stabilire le varie percentuali. Un lavoro lunghetto. Nell’attesa possiamo smettere di ascoltare i suoi concerti. O ascoltarli cantando a squarcia gola Wolare di Domenjkof Modugnovskj.
Oddio, mi viene un dubbio!

macchia

FRASI STORICHE

Giulio Cesare: Alea iacta est e poiché non badava a spese, prima di crepare ci aggiunse: Tu quoque Brute fili mihi.
Amleto: Essere o non essere? Non è dato conoscere la decisione che prese.
Muzio Scevola: Non con l’oro ma col ferro si riscatta la patria e ci rimise braccio e mano destra, andati arrosto.
Amatore Sciesa: Tiremm innanz e tirò innanzi fino al patibolo.
Baldur von Schirach: Quando sento la parola cultura metto mano alla pistola e io spero tanto che volesse usarla per la sua tempia.
La smetto con le citazioni perché l’elenco sarebbe troppo lungo e soprattutto noioso e inutile. Di frasi celebri sono piene le lapidi dei cimiteri. E le targhe commemorative. Il tempo ci passa sopra e se ne frega.

Ma non posso non riportare l’ultima frase famosa da tramandare ai posteri, in aggiunta a quelle già presenti: Preferisce la pace o il condizionatore acceso? È grande e merita un commento: chi pone una simile domanda, a mio sindacabile giudizio, non potrebbe, non dovrebbe governare una nazione. Se lo fa significa che quella nazione se lo merita. E si merita anche la guerra permanente e i termosifoni al massimo.
La domanda è emblematica e cela un significato drammatico e allo stesso tempo grottesco: la società economico-finanziaria che ci hanno costruito attorno considera l’umanità tutta meno di un termosifone tiepido.

Io non sono il giornalista che si è guadagnato la famosa frase storica. Se lo fossi, avrei molte risposte da dare.
1- Vogliamo la pace e i termosifoni accesi, signor Presidente;
2 -Vogliamo che i bambini possano diventare adulti senza l’incubo continuo di una guerra;
3- Vogliamo che gli anziani si godano IN PACE la pensione;
4- Vogliamo un mondo dove non ci siano governanti o politici che ci pongano domande che significano totale inconsiderazione se non disprezzo del prossimo;
5- Vogliamo che la terra sia la casa di tutti senza distinzione di patrie da difendere con le armi in pugno;
6- Non vogliamo più missili e minacce atomiche sulle nostre teste.

A questo punto aggiunga il lettore le sue richieste, che a me basterebbero quelle che ho enunciato. Per ora.
Infine: se il prezzo della pace fosse il termosifone spento, chi di noi, persone normali, non lo pagherebbe, signor Presidente?
Firmato:
macchia,
ma faccia finta di niente che tanto sono uno che ama il freddo.

Sito ufficiale di Loriano Macchiavelli, scrittore