L’ULTIMO SOGNATORE

Quattro ore fa se n’è andato anche il Maestro. Forse non se l’è più sentita di condividere questi tempi frantumati dall’egoismo e dall’avidità. 
           Noi venivamo da tempi crudeli e ne sognavamo altri che potessero ripagarci dei dolori patiti. Sognavamo di trasmettere informazioni, notizie, riflessione, interessi, desiderio di cambiamento, lotta politica… E tutto con il teatro, con il NOSTRO teatro. 
           I sogni che avevamo non servono più a consolarci di quanto abbiamo perduto per strada. 
          «Ci siamo sbagliati, caro amico. Adesso che facciamo?»
            «Continuiamo», mi hai risposto. «Parliamo con i giovani, raccontiamo cosa significa Resistenza, partigiano, democrazia, cultura, ideali…»
            «Ma gli ideali non sono morti?»
            «Gli ideali muoiono quando la gente crede di non averne. Quindi, mai.»
            Oggi vorrei chiedergli: «Chi poteva fermare i due mostri insaziabili dei nostri tempi?» 
           Purtroppo non conoscerò la tua risposta, ma io so, adesso lo so: nemmeno il dio dall’armatura invincibile può sconfiggere l’economia e la finanza.

Io piango Luciano con lacrime che vengono dall’amicizia di una vita, come ho pianto la perdita degli altri Sullivan. Così Luciano chiamava i componenti del GTV , del Gruppo Teatrale Viaggiante: Dalla meravigliosa Ornella, tenera e sensibile, ma indomita sul palcoscenico e Madre insuperabile che aveva commosso Franca Rame e Dario Fo.
Da Roselli a Busiello, dal grande Paolo all’instancabile Guido. Poi, Mario, detto Marlon, per la sua meravigliosa interpretazione di Fatt nel testo Waiting for Lefty (Clifford Odets). E tutti gli altri che sognavano assieme a questi, un mondo migliore. Non troverete i loro nomi nella storia del teatro, ma di storia del teatro ne hanno costruito un pezzetto che forse a qualcuno avrà trasmesso un’idea, una visione, un’ipotesi di nuova società.

Il mio saluto al lungo viaggio di Luciano è il brano che ho scritto per l’uscita dell’ultimo suo lavoro: un libro da leggere come romanzo. I Sullivan. È ciò che posso darti nel giorno della tua partenza, amico mio

[…]           
In questo libro troverete tante informazioni su un periodo straordinario e su meravigliose imprese di un gruppo di personaggi, veri e vissuti, che hanno avuto la ventura, cercata e voluta, di incontrarsi e incontrare personaggi che hanno fatto un po’ della storia culturale del nostro paese.

            Alcuni nomi così come li ricordo: Massimo Dursi, Paolo Grassi, Dario Fo e Franca Rame, Franco Enriquez, Claudio Meldolesi. E poi Paolo Pietrangeli, Rudy Assuntino, Fausto Amodei, Otello Sarzi, Cristiano Censi, il Gruppo della Rocca, Emanuele Luzzati, Arturo Lazzari venuto appositamente da Milano al Sanleonardo per recensire La Madre di Bertolt Brecht. Era la prima nazionale.

            Sopra i citati periodo straordinario, meravigliose imprese, personaggi che hanno fatto eccetera. eccetera, ci sta lui, il Maestro. Ecco, io servo a presentarvi una parte di Luciano Leonesi che non trovereste altrove. Perché è giusto e logico che sappiate chi sono i Sullivan, da dove vengono, dove vanno, oltre che finire nel racconto di Luciano, e perché sono diventati il titolo, appunto, del suo racconto. Poi, chi è Luciano Leonesi.

            È vero, c’è internet e in due clic potreste trovare risposta a tutte le domande di cui sopra. Fatelo e per Luciano Leonesi troverete molte informazioni che vi stupiranno. Come questa:

(Luciano Leonesi) inizia nei primi anni 50, con l’esordio nel “teatro di massa” a fianco di Marcello Sartarelli: una stagione entusiasmante di utopia teatrale-politica, che portava migliaia di proletari a partecipare a grandi eventi popolari. Si prosegue poi con il Gruppo Teatrale Viaggiante, “apripista” della cooperativa Nuova Scena creata da Dario Fo, che negli anni 60 rappresenta una delle esperienze più originali della scena bolognese, una spinta artistica “dal basso” per dare voce al popolo sulla scena attraverso il lavoro su testi di Brecht o Boal.

A questo punto il copione prevede che voi chiediate: “Come mai non sapevo di Luciano Leonesi?”

            Non sapevate perché Luciano Leonesi è una persona seria, che ha sempre fatto le cose con impegno. E senza strepiti.

            Ma ciò che voglio farvi sapere del Maestro, non lo troverete mai su Internet. Come questa testimonianza:

Sono stato seduto in platea, durante le prove condotte da Luciano, per una quantità di tempo e ho avuto modo di veder nascere uno spettacolo e poi diventare rappresentazione cioè movimento e quindi vita. Leonesi saliva sul palco, con la sua andatura dondolante, si guardava attorno, dava un’occhiata alla platea, si spostava da una luce all’altra e alla fine degli esperimenti, quando era veramente convinto, piazzava l’attore lì, nella posizione scelta e lo faceva muovere. Soprattutto muovere.

            Considero Leonesi come un grande creatore di movimenti. Lavorava e ricreava il testo sul movimento. Se aveva a disposizione sei, otto attori, gli si illuminavano gli occhi. Non ricordo un testo messo in scenda da Luciano che fosse statico o con poco movimento.

            Lavorava anche sui dialoghi e non teneva in gran conto i suggerimenti inseriti dall’autore nel testo. Li attualizzava in modo da sentire l’odore della realtà del momento.
O quest’altra:
ho incontrato Luciano Leonesi nel 1960. Del suo prima io so quello che lui stesso, di tanto in tanto, ci raccontava. Di certo la sua formazione teatrale si era sviluppata assieme a uomini che hanno lasciato il segno nella cultura italiana del dopoguerra.

            Ho vissuto con Leonesi la seconda parte della sua grande avventura, quella con Gruppo Teatrale Viaggiante; un’avventura che, ripensata oggi, è stata grande sul serio. La mia non è, e non può esserlo, una testimonianza credibile perché è viziata dall’averla vissuta, ma questo fa parte del gioco.

            Dovrei cominciare con l’enunciare che Luciano Leonesi è un idealista, come quelli che lo hanno seguito nell’avventura. Un idealista come lo erano i comunisti di una volta, quelli che avevano l’ideale da perseguire e lo perseguivano con la decisione di chi è convinto di essere nel giusto. Ma non per partito preso: per una vita difficile e ingiusta.
Di gente come lui, se n’è persa la semente, come si sono persi gli ideali perché, ci hanno predicato per anni, gli ideali non esistono. O, se esistono, sono deleteri e non consentono una visione critica e storica degli avvenimenti. Così noi abbiamo finito per crederci e li abbiamo dimenticati. Ma Luciano li aveva e li ha ancora e, in nome di quegli ideali e per il suo teatro…

… noi del GTV siamo diventati i nuovi Sullivan che, capitanati dal Maestro, hanno avuto il privilegio di portare sul palcoscenico opere di importanti autori mai rappresentate in Italia.

            Opere mai rappresentate in Italia, ho scritto, non per volontà dei teatranti, ma perché prive di visto di censura.

            È così, cari lettori: erano tempi bui e per rappresentare un testo era necessario richiedere il visto di censura. In questo senso Luciano Leonesi ha sfidato più volte la legge.

            Qualche titolo dei senzacensura: Giovanna del popolo di Marcello Sartarelli, Aspettando Lefty di Clifford Odets, Morti senza tomba di Jean-Paul Sartre, La madre di Bertolt Brecht e, sempre di B. B., L’eccezione e la regola, Terrore e miseria del Terzo Reich… e la smetto qui per non tediare.

Poi c’è il linguaggio letterario che il Maestro utilizza per questa sua narrazione. Un linguaggio tanto poco letterario che vi stupirà e vi conquisterà perché si fa amare dalle prime righe. E in questi tempi di monotona piattezza letteraria che ha invaso le librerie, è un pregio non da poco. Il pregio degli affabulatori che incantano fin dalle prime frasi pronunciate.

            Non ne ho ancora accennato, ma Luciano Leonesi è sempre stato, e continua a essere, un affabulatore. Tanto che il moderno re degli affabulatori, Dario Fo, è stato costretto a dichiarare, durante un incontro al teatro Sanleonardo per la presentazione del libro di Leonesi Calorosi gli applausi, da domani si replica:

            “Luciano Leonesi è il solo che riesca a farmi tacere per ascoltarlo”.

            A questo punto mi permetto di aggiungere alla parole del premio Nobel, una mia veloce considerazione: “Anche quando scrive si fa ascoltare”. E non prendetelo per un controsenso. Leggerete, ma sarà come se lo ascoltaste narrare.

            Infatti, nel libro che state per leggere, l’affabulazione con le sue grandi possibilità comunicative, diventa una letteratura che ha poco di letterario e proprio per questo è straordinariamente efficace. Cioè, Luciano Leonesi ha inventato un nuovo genere: la letteratura affabulata.

            Su questo tema avrei alcune altre cose da raccomandarvi, ma preferisco che le scopriate voi.

            Un suggerimento, per chiudere: perché, mentre leggete, sentiate il Maestro raccontare, dovrete metterci un po’ del vostro. Accadrà anche a voi di incontrare i personaggi evocati. Che forse sono esistiti o forse sono soltanto frutto della fantasia dell’affabulatore.

            A noi è accaduto e siamo ormai convinti di essere quanto resta dei Sullivan. Una specie in via di estinzione e che dovrebbe essere protetta per legge. A cominciare dal Maestro.

loriano macchiavelli
da Montombraro, nell’ottobre del 2020.

Video: Luciano Leonesi spiega ai visitatori di ZoccaNoir edizione 2016 alcune cose sul suo lavoro di scultore. Nell’occasione aveva esposto alcune sue terrecotte.

(il caricamento può richiedere qualche secondo dopo Play)

insieme

Lei si chiama Giulia e il progetto che ha deciso di perseguire si chiama INSIEME, fra i più stimolanti e importanti per i giorni che stiamo vivendo, giorni senza memoria.
Qui sotto la presentazione di Giulia e il modo per usufruire delle informazioni che ci regala. Leggete. Farete un favore a voi stessi.
macchia

“INSIEME. I luoghi della cultura popolare” è un podcast in cui le protagoniste sono le storie di luoghi, di uomini e donne che da nord a sud continuano ad essere testimoni di quella cultura popolare che appartiene a tutti noi. 
È questo l’aspetto che più mi ha affascinato di questi racconti.
Spesso queste storie sono custodite in luoghi che noi frequentiamo senza nemmeno conoscerne il passato, oppure che abbiamo già conosciuto grazie alla tradizione orale che ne ha preservato la memoria, ma che non sapremmo collocare o definire nel panorama quotidiano, oggi completamente stravolto.
La sfida di INSIEME è proprio quella di orientare gli ascoltatori in questo universo di storie e di luoghi. 
La prima stagione ha cadenza mensile con sei puntate dedicate a sei diverse località. In ogni episodio la voce dell’autrice dialoga con i diversi protagonisti incontrati in giro per l’Italia e con il contributo di studiosi e giornalisti per contestualizzare le vicende narrate. Il podcast è disponibile sulle Principali piattaforme per podcast (Spotify, Apple podcast, Google podcast) e sul sito
www.insiemeilpodcast.it
Sul sito e sui canali social dedicato (Facebook, Instagram e YouTube) sono pubblicati, tra una puntata e l’altra, materiali di approfondimento, bibliografie, foto e contenuti extra dell’ultimo episodio trasmesso. 
Giulia Mitrugno



sulla buona strada

“La pazienza è finita” dice il sindaco di Trieste riferendosi a chi non si vaccina. Cioè a chi non la pensa come lui. E parla di disertori e di fucilazioni.
Siamo sulla buona strada: avanti così.
Mi ricorda un signore (si fa per dire) che dal balcone di piazza Venezia, in quel di Roma, tuonava “Abbiamo pazientato quarant’anni. Ora basta!” Solo che lui, quel tale pelato e dalla mascella volitiva, il fucile lo ha fatto imbracciare sul serio. Agli altri, naturalmente. Lui sbraitava dal balcone e ha fatto più male dei fucili.
Io non so se ho fatto tutte le vaccinazioni previste dal piano di salvezza ed emergenza nazionale. Ormai ho perso il conto, ma spero di sì. Mi dispiacerebbe finire la vita davanti alla canna di un fucile per una scelta sbagliata. O per aver perduto il conto.

Il mio prossimo romanzo La stagione del pipistrello (il titolo dovrebbe essere definitivo) si occupa di gente che ha perso la pazienza.
Un po’ di pazienza e potrete leggerlo.
macchia.

i miraCOLATI

In 33 anni di vita Gesù Cristo ha resuscitato solo Lazzaro.
In pochi mesi di governo (facciamo 8?) Draghi ne ha tolti almeno 15 dalla tomba dell’oblio dove riposavano in pace, per loro fortuna e nostra sfortuna, non eterna, e ne ha fatto dei ministri, dei sottosegretari, dei consulenti.
Volete mettere? Altri tempi, altri morti.
macchia

Borlotti pandemici

Un racconto di Sabina Macchiavelli

Oggi finalmente riesco a scrivere, sono rilassata e mi è venuto un impulso creativo. Ho qualcosa da raccontare.

Sono piazzati davanti al bancale dell’uva, verso l’uscita. Lui con la borsa della spesa in mano, lei con il carrello semivuoto. Lui è grande, coi capelli unti raccolti in un codino, le occhiaie infossate e la bocca larga di quelle senza labbra. Sembra un serial killer. Lei sembra una casalinga. Bene in carne e con una pettinatura cotonata come fanno i parrucchieri di paese alle donne di mezz’età.
Chiacchierano di case (lui se l’è fatta da sé, complimenti.)
Si erano già fermati alla cassa, dopo aver pagato, e la cassiera gli aveva chiesto di spostarsi.
Devo prendere dell’uva.
“Permesso.”
Lui si sposta di 30 centimetri.
Andate a parlar fuori, no?
Non lo dico, ma dico qualcosa di ancor più sgradevole:
“Se avete finito potete pure uscire.”
Lui mi punta il dito. “Diamo fastidio?”
Che strana domanda. Anzi no: il tono è quello allusivo e ironico di chi vuol attaccare briga.
E lei: “Noi siamo mobili, no?, e ci muoviamo.” (Così, giuro. Non capisco cosa significa.)
“No, dicevo, è che la gente ha bisogno di servirsi e se voi state lì… Visto che si devono mantenere le distanze di sicurezza…” Mi son morsa la lingua nell’istante stesso in cui l’ho detto. Mi è venuto il cuore in gola: sapevo sarebbe arrivato.
Lui mi guarda con un lampo di acredine nel buio delle occhiaie: “Lei è vaccinata?”
Boom.
“Possiamo fermarci qui” dico prendendo un grappolo di pizzutella dal mucchio. Lo soppeso e lo guardo attentamente, praticamente acino per acino. Rallento il più possibile i movimenti per darmi un contegno.
Lei: “Eh-eh-eh!” Risatina di scherno e scuotimento di testa. Vale “lo sapevo io!”
Non rispondo. Che posso rispondere? Che penso di sì ma non ne sono sicura?

È vero che oggi mi sento non vaccinata, ma non ci metterei la mano sul fuoco. È sempre più difficile dirlo. Certe mattine mi sveglio che la giornata mi sembra diritta e ho una discreta energia, e ho anche idea che il mio lavoro abbia un senso e che posso considerarmi una vera scrittrice. Vado su Internet e vedo che chi è vaccinato può stare tranquillo, può fare un sacco di cose, tutte praticamente quelle che facevamo prima, è una persona altruista e socialmente responsabile, e ottimista perché andrà tutto bene. Eccomi, sono io. Parto come un treno. Sarà perché sono vaccinata.
Certe altre mattine, dio mio, mi sento Linus a cui hanno strappato via la coperta giurando di non dargliela mai più. Sognavo così bene… E ora… No! Tocca d’alzarmi! È devastante. Che mi alzo a fare? Non valgo niente, il mio lavoro è tutta fatica e zero guadagno, non avrò mai la pensione e scrivere non serve a una ceppa. Vado in Internet e leggo che chi non è vaccinato è una persona chiusa ed egoista, meglio faccia poca vita sociale tanto cosa va a impestare gli altri (se non in senso proprio, sicuramente in senso metaforico con i suoi pensieri negativi.) Chiaro, non sono vaccinata.
Ma poi, come faccio a fidarmi di quello che trovo in Internet? La rete è piena di fake news.

Dopo la risatina i due escono e si fermano davanti alla porta.
“Meglio stare lontani, quelli non vaccinati infettano anche noi” fa lui alzando la voce e guardando verso l’interno.
Sì sì, dice lei con la testa e un’altra risatina.
“Guardi che chi è vaccinato è ugualmente infettivo” dico con grande flemma. Mi sento come avessi preso troppe gocce di Valium. L’ho preso solo una volta in vita mia, anzi me l’hanno dato. È orribile, continui a star male da cani con la tua angoscia ben piantata in testa, ma sei al rallentatore e ti sembra di biascicare quando parli.
“Sì, perché sono i non vaccinati che ci infettano e dopo siamo infettivi anche noi” replica lui. Il ragionamento mi lascia talmente di stucco che mi viene il dubbio che abbia qualche evidenza scientifica. Andrò in Internet a vedere.
Con il sacchettino dell’uva in mano (finalmente sono riuscita a imbustarla, fare gesti lenti aiuta ma a tutto c’è un limite) provo l’ultima battuta di emergenza: “Ma io non le ho detto se sono vaccinata o no.” Del resto, come avrei potuto se non lo so neanch’io?
“Nooo, non dicevo per lei” riprende il semikiller.
Ah no?
Mi guardo intorno. Nel negozio ci siamo solo noi tre, pure il banco cassa è vuoto. Pare il supermercato di un film de paura.
Procedo verso la sezione dei vegetali, perdendo di vista e per fortuna anche d’udito il serial killer colle occhiaie e la casalinga oversize.
Non mi ricordo più se dovevo comprare delle verdure. Ho la testa attutita. È che sono affascinata dai baccelli maculati dei borlotti sul ripiano in basso. Sono lucidi e freschi, di un viola fosforescente. Mi sembra che si gonfino fluttuando fuori dalla loro cesta, chiamandomi in maniera irresistibile. Sarà l’effetto Valium.

Oggi sono in buona, sono riuscita a scrivere. Direi che sono vaccinata e sono in pace con me stessa.
Per quanto…
Oddio. Non sarà una fake news?

Sito ufficiale di Loriano Macchiavelli, scrittore