Dal 6 novembre 2012, LA SCIMMIA si aggira per l’Italia. Predilige le librerie, ma è già entrata in molte case di lettori particolarmente attenti, dove pare abbia provocato danni come insonnia, tensioni, apprensione e altri sintomi classici delle letture affrettate. Allo scopo di evitare che il contagio si estenda su tutto il territorio nazionale e diventi incontrollabile, le Autorità consigliano chiunque si imbattesse nella SCIMMIA CHE RIDE, di effettuare una lettura attenta e ponderata e di segnalare agli amici, ai parenti e ai conoscenti di attenersi a queste semplici precauzioni.
LA SCIMMIA è stata vista aggirarsi furtivamente nei dintorni de L’Aquila e, di notte, rifugiarsi nei fabbricati pericolanti all’interno della zona rossa. Secondo voci ancora al vaglio degli inquirenti, pare si stia dirigendo verso il Gran Sasso.
Non sono ancora noti i motivi che spingono LA SCIMMIA a muoversi liberamente sul nostro territorio, ma chi la conosce sostiene che non sia solo per turismo o per semplice curiosità di conoscenza.
La Questura di Bologna ha inviato sulle sue tracce uno degli investigatori più prestigiosi e preparati dell’intero corpo di polizia: Sarti Antonio, sergente. Per dargli una mano, lo hanno raggiunto il talpone Rosas e l’agente scelto Prenotato Salvatrice. Insieme cercheranno di venire a capo della misteriosa vicenda che vede coinvolti molti personaggi importanti della storia italiana recente e meno recente.
Arriva la scimmia
Sarti Antonio è tornato. E torna per andare da Bologna in trasferta, addirittura tra le macerie del terremoto de L’Aquila. Sarà il caso di seguirlo, per vedere in quali affari ficca il naso e in quali guai si è cacciato, questa volta.
Roba grossa. E non dico altro.
Che il nuovo romanzo fosse nel grembo dell’autore si sapeva, lo abbiamo anticipato quasi un anno fa in questa stessa sezione delle news. Anzi, ne abbiamo persino pubblicato l’incipit.
Bene: l’attesa sta per finire. In molti siti che trattano di libri e nelle librerie on line si può già leggere la notizia. L’uscita ufficiale del nuovo romanzo di Loriano Macchiavelli è il 6 novembre 2012, in contemporanea alle elezioni presidenziali americane (ma non fatevi fuorviare, è solo una coincidenza). L’IRONIA DELLA SCIMMIA esce per i tipi di Mondadori, nella collana Omnibus e contiene 317 pagine fitte di azione e di mistero. Un nuovo, affascinante personaggio femminile vi irretirà con la sua complessa, poliedrica, intrigante personalità. A farne le spese, manco a dirlo, Sarti Antonio. Ma c’è molto, molto di più. Il Vecchio, per esempio. Poi, alla fine…
Per sapere come comincia, come va a finire ma anche per il piacere di leggere le nuove avventure del più longevo questurino italiano, appuntamento il 6 novembre in tutte le migliori librerie. Le migliori ma anche tutte le altre. In fondo, perché negarglielo ? Sarebbe ingiusto. I libri sono fatti per essere letti. Specialmente un libro giallo come questo!
f.z.
CICALE
L’assessore alla cultura del comune di Bologna assicura la cittadinanza che il canto notturno delle cicale raggiunge i 60 decibel e quindi, arguisco io, bisognerebbe vietare loro di cantare, così come si è vietato di tenere concerti nelle piazze e per le strade della città, oltre una certa ora.
Qualcuno dovebbe avvertire l’assessore che le cicale non cantano ma friniscono e soprattutto informarlo che le cicale di notte si tacciono, almeno quelle che abitano dalle parti di Montombraro, forse per conformarsi alle disposizioni di legge.
GRUPPO 13
Il Gruppo 13.
Si tratta di un gruppo di scrittori (molti dei quali all’epoca della nascita del Gruppo erano sconosciuti e non avevano ancora pubblicato) che avevano interessi letterari in comune: il genere poliziesco. Ognuno di loro aveva proprie idee sul genere e un proprio stile. Il Gruppo è nato per pubblicizzare, per fare attività promozionale, per cercare di presentare delle proposte credibili agli editori… insomma, per unire forze capaci di trainare il genere nella direzione giusta.
Ci siamo riusciti. Dal “Gruppo 13” sono usciti scrittori come Carlo Lucarelli, Marcello Fois, Danila Comastri Montanari, Pino Cacucci, Sandro Toni, Gian Piero Rigosi e tanti altri che si stanno imponendo ancora oggi.
Il Gruppo 13 nasce nel 1990 a Bologna (forse perché all’epoca a Bologna c’è l’unico autore che si dia da fare per promuovere il giallo italiano, e cioè io) per iniziativa del sottoscritto, di Carlo Lucarelli, Marcello Fois e Alda Teodorani. All’inizio è costituito dagli scrittori Pino Cacucci, Massimo Carloni, Nicola Ciccoli, Danila Comastri Montanari, Marcello Fois, Carlo Lucarelli, Lorenzo Marzaduri, Loriano Macchiavelli, Gianni Materazzo, Sandro Toni e da due illustratori: Claudio Lanzoni e Mannes Laffi. Come vedi, 12 in tutto per l’uscita dal Gruppo di Alda Teodorani.
Il G 13 non si propone come una scuola di scrittura, ma come punto d’incontro e di scambio culturale e intellettuale fra scrittori e illustratori che operano e vivono nell’area emiliano-romagnola e in particolare bolognese per promuovere con iniziative la conoscenza del genere, sollecitando e aiutando gli esordienti.
Il Gruppo poi aumenta con l’adesione di Eraldo Baldini, Giampiero Rigosi, Franco Foschi, Mario Coloretti e altri, mentre alcuni rinunciano o prendono altre strade come i due disegnatori.
Il primo lavoro comune che appare in libreria è I delitti del Gruppo 13, Metrolibri, 1991, una raccolta di racconti (tradotta poi anche in Francia) e nella quarta di copertina appare la seguente scritta:
“Il crimine dilaga a Bologna. Echeggiano gli spari sotto i portici, si muore all’ombra delle torri. E Marlowe parla ormai con accento emiliano. Sarà un caso che a Bologna e dintorni oggi proliferino gli scrittori di giallo? Sono tanti, agguerriti, organizzati. Hanno perfino creato un sodalizio: il Gruppo 13, cui aderiscono dieci scrittori e due illustratori. Di loro questa antologia rappresenta il primo impegno collettivo: dieci racconti inediti, tutti avvincenti, tutti illustrati. Cosa unisce questi autori, oltre alla bolognesità e all’indiscutibile talento? Sicuramente il clima culturale comune: quello di una città prolifica e vivace che ha già saputo esprimere fenomeni importanti come una grande scuola di fumetto. Alla quale, per inciso, appartengono i magnifici illustratori dei racconti qui proposti.”
Nel 1992 esce una raccolta di dieci racconti (Stampa Alternativa) dove ognuno degli autori del Gruppo 13 presenta, oltre a un proprio racconto, il racconto di un esordiente (altri dieci racconti, quindi). Alcuni di quegli esordienti faranno strada.
Oggi gli autori del Gruppo 13 possono dire di aver dato un contributo indispensabile alla attuale situazione di ricchezza del giallo italiano.
HOMO SAPIENS?
di loriano macchiavelli
Verso l’alba di un giorno sfortunato, mi hanno svegliato tre rumori orribili, inconsueti per la mia casa al Termine di Montombraro, Appennino modenese. Il ronfare dei motori delle superfortezze volanti che, durante la guerra, venivano a bombardarci. Ma come? L’allarme non è suonato. Dopo, il secondo fragore, ha rafforzato l’idea del bombardamento: la stanza ha ballato e i mobili si sono mossi.
Non ero tornato nel passato, al 1944, ma la terra ha tremato come se fossero esplose nel suo ventre, e in contemporanea, tutte le bombe sganciate sulla nostra terra martoriata, dalle superfortezze volanti. Per liberarci dall’occupazione tedesca. Strano modo di liberarci.
La notte del 20 maggio, non erano bombe, ma il risultato è il medesimo: morti. Anni dopo, i morti sotto i bombardamenti li avrebbero chiamati danni collaterali. Come oggi. Gli operai crepati sotto capannoni con la consistenza della cartapesta e il peso dell’acciaio, sono danni collaterali di un’economia che non guarda in faccia a nessuno, perché “è meglio rischiare la vita che perdere il posto di lavoro”.
Oppure: “Il lavoro non si può fermare. Non si deve fermare. Se si ferma il lavoro è come morire”.
Io non ci credo. Posso?
La Costituzione prescrive, dispone, ordina: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro”. Diritto al lavoro, non alla morte per il lavoro!
È una nuova religione per la quale si crede e ciecamente si va. Credere, obbedire, combattere. Non ci siamo ragazzi.
La terra trema, le case crollano, le fabbriche si sfaldano e muoiono le persone. Gli ideali sono finiti da un pezzo sotto le macerie di una democrazia che si fatica a riconoscere per democrazia. E i fogli della Costituzione, strappati, svolazzano nell’aria irrespirabile. Resta solo il lavoro. Non per tutti. Solo per chi non si lamenta e non ha rivendicazioni da avanzare.
Le autorità invocano l’ottimismo. I giornali seguono. L’ottimismo è il sale della vita e gli emiliani sono ottimisti, duri. Amano il lavoro. Quando ce l’hanno. Gli emiliani si risolleveranno.
E così sarà. Ma se avverrà solo per riavere un lavoro, non ci sarà speranza, perché, come ha scritto Roberto Roversi, “per la speranza occorre una passione che può nascere solo da una visione più grande che non schiaccia i deboli, gli umili, gli indifesi”.
Gli emiliani ricostruiranno. Ricostruiremo perché se non faremo presto a rimettere in funzione le fabbriche e a ricominciare la produzione… Adesso la chiamano filiera, forse per darle un senso di leggerezza. Se non faremo presto a rimettere in moto la filiera, gli stranieri ci ruberanno il pane. E c’è chi pensa di aver fatto l’Europa unita. Ma i nostri vicini sono lì, lupi in attesa della preda. Per molti è arrivata la manna. Dal sottosuolo, stavolta. I tempi sono cambiati e il cielo non ha più molto da dare.
Adesso so cos’era il terzo rumore che ho sentito chiaramente, alle 4 del mattino del 20 giugno. Le stesse risate della notte del terremoto a L’Aquila. Altri fabbricanti di illusioni si fregavano le mani e ridevano per gli utili che, dal nostro terremoto, sarebbero arrivati nelle loro banche.
Si chiama liberismo.
Poi, magari, per mostrare quanto sono dispiaciuti, faranno pure un’offerta in euro per la ricostruzione di qualche chiesa o torre medievale. Fa parte del libero mercato: i miei soldi li do a chi mi pare. Soprattutto, li do se mi pare.
C’è gente così nell’Europa unita. Spera nelle disgrazie della Grecia. Quando non le provocano, le disgrazie. Poi della Spagna, poi dell’Italia, poi, poi, poi…
“Dobbiamo far crescere l’economia”, si grida da ogni parte. È proprio perché l’economia è cresciuta troppo che siamo in crisi. Sarebbe ora di gridare: “Dobbiamo far crescere la cultura”. C’è qualcuno che se la sente?
Adesso lo sappiamo: la crisi economica è solo una delle tante sciagure che si sono abbattute sul nostro paese. A considerarla oggi, neppure la peggiore, visto che ce la siamo voluta. Le altre ce le regala la natura. E forse ci siamo volute pure queste.
L’Italia è diventata una terra di sfollati. Per tanti motivi: paesi scivolano a valle sull’onda delle frane; montagne si sgretolano sotto i colpi di mostruose trivelle che bucano, cavano, deviano acque, ammassano detriti dove prima c’erano boschi e cinghiali e caprioli; città distrutte dal terremoto; torrenti che qualche anno fa facevano ridere per la loro pochezza, si portano via case e case che chissà chi (sappiamo chi) ha costruito sul loro cammino. E i torrenti si riprendono ciò che gli apparteneva per destinazione naturale.
Ai bordi di tutte le sciagure, file di sfollati cercano un posto dove sopravvivere per qualche giorno o mese o anno. O per sempre. E quel posto non c’è. Dove troveremo un posto tranquillo?
L’Aquila è un posto tranquillo, una città morta. Ironia del destino. Non tanti giorni fa sono tornato a L’Aquila. Mi mancavano alcune pagine per finire il mio romanzo. Si svolge a L’Aquila e volevo respirare ancora l’aria di desolazione che sale dalle macerie, esce dagli androni dei palazzi puntellati, dalle strade deserte di gente e di storia.
Me ne sono andato da L’Aquila con la sensazione che quella città sarà la Pompei del Duemila. Sono passati due giorni e ho visto un’altra Pompei dei nostri giorni. Quella della bassa, quella a due passi da casa mia. Le possenti torri che hanno sfidato i secoli, miseramente crollate; antiche fortezze che nessun nemico aveva espugnato, un cumulo di macerie; le industrie, espressione della nostra modernità e presunzione, crollati come castelli di carte. Quelli che mio padre mi costruiva sul tavolo di cucina, la sera e alla luce della lumiera, e che un piccolo colpetto al piede del tavolo, faceva crollare fra le mie risate di bambino.
Mi resta la triste sensazione che tutto il nostro paese si stia avviando a essere la Pompei del Duemila. Non posso essere ottimista. Forse non sono emiliano. Forse neppure italiano.
Montombraro, 2 giugno 2012
Anniversario della Repubblica.