Triste ritorno

Ieri sera, 9 gennaio 2024, anche Franco Insalaco ci ha lasciato.

Il dolore non lo si può raccontare né trasmettere al prossimo: supera sempre il valore delle parole. Per questo non cercherò di scrivere qui, io che di scrittura vivo, il mio dolore per la morte di Franco.
Mi porterò dietro, per gli anni che mi restano in vita, il patrimonio di conoscenza che Franco mi ha trasmesso nei suoi numerosissimi incontri. Con un monologare calmo, chiaro come il suo maestro e padre putativo, Pietro Toesca, gli aveva trasmesso. Assieme al prezioso dono della cultura come arma di difesa contro le continue violenze.
Di questo Franco ci ha narrato: della filosofia come strumento per analizzare la vita. Ho un pacco di fogli con appunti presi durante i suoi incontri. Il mio intento era di utilizzarli per dare vita e spessore al mio divagare narrativo.
All’amico Franco ora posso dire che quegli appunti erano vivi perché la vita gliela dava lui, con le sue pause meditative, le sue considerazioni che esulavano dall’argomento, ma solo apparentemente.
Adesso i miei fogli di appunti posso anche  bruciarli perché hanno perduto il loro padre.
Alle amiche (che le donne sono state le migliori e attente sue ascoltatrici), e agli amici con i quali ho condiviso la frequentazione e l’amicizia di Franco, raccomando di non dimenticare i sentieri che abbiamo percorso assieme. E di leggere le sue poesie, eredità che ci lascia, tradito dalla vita che sembrava essergli amica e che invece lo ha vigliaccamente illuso.
Franco non lo meritava.

Due poesie che mi ha regalato per un mio testo teatrale, e quindi inedite, alle quali tengo molto perché mi somigliano. E senza presunzione, Franco, amico mio.

Per i compagni morti sulla neve
 ovvero
I soldati e l’ideale

Cadono tra la neve scura
allo scender della sera
scivolando piano al sole
che avvampa dietro il monte
mirano tra gelo e fango
i nemici come bimbi
sanguinando nella carne
sotto il fuoco dei cecchini
ancora vivi nell’altro
mondo da dove tornano
disposti su letti bianchi
verso neri camposanti.
Chiusi nei sudari cristi
allineati con l’altro
fianco a fianco distesi
nelle lunghe bare aperte
verso il grigio grande mare
sempre più cupo e spento
e per sempre muto cuore.
Vossignoria questo è
ampio e mosso, uguale
al sertão dove vivemmo
bimbi mai vecchi. Donne
e case piccole di legno
lasciate per questa guerra
che non volemmo, e adesso
moriamo uccisi dai nazisti
per errore o malasorte
di un destino fingitore
che promise libertà
ai soldati galeotti
in cambio, sì, della vita.
Dietro alla contadina
sotto le stelle alte
nel cielo color di piombo
gli altri corrono alla cima
vinceranno la battaglia
contro chi si convinse
del feroce ideale che
venga di tutto la razza
prima. La bianca o gialla
rossa o nera ciò che conta
è la bandiera. A stelle
e strisce noi l’abbiamo
dai va’ avanti fino a quando
l’ideale ucciderà
con le bombe e col cannone
uno a uno tutti quanti.

Madre saluta il figlio che va in guerra
Adesso che vai lontano, ora chiedo
al cielo perdono per averti
concepito, per tuo padre buono
solo a prendere partito e urlare
contro questo e quello e penso
non sia poi così ingiusto credere
responsabile al mondo, figlio,
non sia in fondo altro che questo:
l’uomo senza mai darsi pace
combatte per giungere sempre
dove non rimane altro gioco
che perdere tutti insieme
qualcosa che è donato, figlio,
dalle madri, che danno buio alla
luce, silenzio al suono, sfondo
al corpo, senza di loro, figlio,
non saremmo al mondo. Ma strappa
il foglio che hai in mano, ribellati.
Ti nascondo nel ventre, che nessuno
ti possa trovare, ti nascondo
al seno, dove non sanno più
guardare, non partire lasciando
la vita scolorire in questa casa
vuota, senza fiato, lacrime, pane,
fredda e disperata. Lo so, bella
è la divisa e tu saresti di tutti
il migliore, ma non andare,
non farti venire dubbi, rosso
è il suo colore, sì, del tuo sangue.

AVVISO

ai lettori che frequentano il sito: Per qualche tempo non potrò postare le mie fastidiose e inutili elucubrazioni e non potrò rispondere a chi mi scriverà o mi invierà commenti.
Riprenderò quando Franco starà meglio. AUGURI prima di tutti a Franco e poi ai lettori che ancora mi vogliono bene. E sono passati più di cinquant’anni.
macchia
PS. Negli auguri è compreso anche Sarti Antonio, sergente, attualmente impegnato in una storia in via di definizione.
lor.

L’ARIA CHE TIRA 6

Evviva l’Italia
antifascista!
e adesso aspetto che la Digos
mi identifichi.
Che paese è mai questo,
dove inneggiare alla Costituzione
diventa reato
e chi lo fa è considerato
un eversore
e, come tale,
deve essere identificato?

Sito ufficiale di Loriano Macchiavelli, scrittore